sabato 13 giugno 2009

Maledizione di Ondine

Maledizione di Ondine

Abbiamo letto nei giorni scorsi su molti quotidiani la storia del bimbo napoletano "condannato a non potersi addormentare" in cura all'Ospedale Gaslini di Genova.
I sanitari della Neonatalogia e Terapia Intensiva Neonatale degli Spedali Civili diretta dal Prof. Gaetano Chirico, riferiscono che la patologia , rarissima, (1 ogni 10.000-20.000 nati) ha coinvolto anche a Brescia 2 bambini negli ultimi due anni, curati ora a domicilio.
Ma vediamo più da vicino di cosa si tratta.
La "Sindrome da ipoventilazione centrale congenita" comunemente definita "Sindrome di Ondine", è una anomalia della risposta ventilatoria all'ipercapnia definita come "il fallimento del controllo automatico del respiro" . Si tratta di un quadro di apnea grave, che compare durante il sonno, e, senza immediato intervento, provoca la morte del paziente.
Perché "Maledizione di Ondine"?
Il termine coniato nel 1962 ricorda Ondine, bellissima ninfa d'acqua che aveva perso l'immortalità perché si era innamorata di un uomo, dal quale aveva avuto un figlio. Col passare degli anni Ondine, che aveva anche rinunciato al dono dell'eterna giovinezza, invecchiò ed il suo uomo, non più innamorato, la tradì. Ma un giorno Ondine lo vide mentre dormiva a fianco della nuova amante, lo svegliò e gli lanciò la maledizione: "Da sveglio tu mi hai giurato fedeltà con tutti i tuoi respiri. Così sia: finché rimarrai sveglio potrai continuare a vivere, ma nel momento in cui ti addormenterai perderai la capacità di respirare." E così fu.
Come si manifesta?
L'esordio si ha entro il primo anno di vita con ipoventilazione, ipossia (carenza di ossigeno) e ipercapnia (eccesso di anidride carbonica) durante il sonno, in assenza di attività respiratoria, diagnosticata mediante poligrafia. L'ipoventilazione compare soprattutto durante la fase di sonno profondo, quando, cioè, predomina il controllo del sistema nervoso centrale autonomo. È possibile, però, riscontrarla sia durante la fase REM sia durante la veglia, con differenti gradi di compromissione. L'insensibilità all'ipercapnia è presente anche durante la veglia.
La sindrome riguarda solo il periodo neonatale per risolversi successivamente? No. Nei lattanti, bambini e adolescenti è descritta la ridotta percezione dell'ansietà da ipoventilazione. Questo impedisce ai pazienti di rendersi conto delle aumentate necessità di ventilazione in particolari situazioni, quali la suzione dal biberon nel lattante (il piccolo, affamato, continua a succhiare senza le pause per respirare) o l'attività sportiva nell'adolescente (in particolare il nuoto subacqueo), con rischi d'ipercapnia ed ipossia anche durante il giorno.
Qual è la causa?
L'eziologia è sconosciuta. In alcuni casi sono state osservate lesioni cerebrali, ma non è stata, comunque, mai dimostrata una correlazione tra una specifica lesione neurologica e la malattia. In alcuni soggetti è stata riscontrata una mutazione del protoncogene RET.
Come si cura?
Nel neonato-lattante, durante la fase acuta di scompenso è necessario ricorrere alla ventilazione invasiva mediante intubazione e tracheotomia, metodica gravata da complicanze quali infezioni polmonari, lesioni tracheali, rimozioni accidentali della cannula tracheostomica o lesioni da decubito nella sede della tracheotomia.
E superata la fase acuta?
Nei pazienti più stabili, di età superiore a 18 mesi, si possono utilizzare metodiche di ventilazione non-invasiva, quali la ventilazione a pressione negativa (che tuttavia presenta il rischio di collasso dell'epiglottide, assenza dell'attività dilatatoria faringea, o infezioni delle alte vie aeree) o la Nasal-BiPAP, oppure intervenire con "pacemaker" diaframmatici (sono indicati soprattutto nei soggetti che richiedono assistenza ventilatoria continuativa, ma richiedono l'intervento chirurgico per l'impianto).
La realtà bresciana?
Presso la Divisione di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale negli ultimi due anni sono stati seguiti due neonati con sindrome da ipoventilazione centrale congenita (maledizione di Ondine). Al fine di evitare la tracheotomia è stata messa a punto, fra i primi nel Mondo in bambini così piccoli, la metodica di utilizzo della ventilazione non invasiva in Nasal-BiPAP, che si basa sull'invio di un flusso continuo di aria (ed eventuale ossigeno) con 2 differenti livelli di pressione, nelle alte vie aeree, per mezzo di una maschera facciale di forma triangolare.
Con quali risultati?
I risultati sono stati favorevoli, i due piccoli trattati sono stati dimessi dopo pochi mesi con l'ausilio di un ventilatore domiciliare con maschera e di appositi apparecchi di monitoraggio. I piccoli hanno superato i due anni di età, presentano uno sviluppo regolare, ma richiedono ancora l'uso notturno della ventilazione con maschera.
Qual è la gestione domiciliare?
La gestione domiciliare prevede l'addestramento dei genitori e deve comprendere nozioni sull'utilizzo delle apparecchiature e indicazioni in caso di infezioni, crisi di apnea, manifestazioni neurologiche, ecc. E' necessario un Centro di riferimento, utilizzabile sia dalla famiglia sia dal pediatra di libera scelta in caso di dubbi o problemi.

Spedali Civili di Brescia - 17/07/2003

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